A scuola di…giallo!

A scuola di…giallo oggi ci porta, per la terza puntata, in una stanza d’albergo in Russia, dove si è appena compiuto un terribile delitto. Riuscirà l’investigatore Richard Watterson a risolvere il mistero?

IL MISTERO NELLA STANZA 376

Era una giornata tranquilla per l’investigatore americano Richard Watterson, che si trovava in Russia per lavoro.
All’ora di pranzo squillò il telefono, era il poliziotto Enry Jonson, che invitò Richard ad occuparsi dell’omicidio del sig. Chester Roberson avvenuto nella stanza numero 376 dell’hotel Four Seasons, un hotel di lusso.
L’investigatore si recò subito all’hotel, sul luogo del delitto. Richard iniziò a perlustrare la zona ed esaminò il corpo. Vide sul petto un colpo di pistola, che era diretto al cuore.
Era evidente che questo colpo poteva essere stato sparato solo da un professionista con esperienza ad usare le armi.

Il signor Watterson andò subito a chiedere informazioni alla reception, chiedendo chi era entrato nell’hotel verso l’ora del ritrovamento del corpo.
La receptionist consultò il database del computer e vide le seguenti entrate e uscite delle persone: Omer Simpson, entrata alle ore 19.34 del giorno precedente e uscita alle ore 11.56; Joe Biscuit, entrata alle ore 20.11 del giorno precedente e uscita alle ore 10.50; Ivan Drago, per il suo orario da cameriere, entrata alle 22.00 del giorno precedente e uscita alle ore 12.20.

Richard Watterson si affrettò ad interrogare i sospettati. Incominciò da Omer Simpson, il primo sospettato. L’investigatore, con una luce abbagliante puntata sugli occhi, lo interrogò e gli disse: ”Cosa facevi nell’hotel tra le 19.00 e le 13.00?” Lui rispose: “Mi trovavo lì per la seconda tappa del mio viaggio verso Mosca. Il giorno seguente sarei partito, finché mi hanno bloccato per le indagini. Io stavo proseguendo il viaggio con la mia guida, che può testimoniare la realtà dei fatti.”

Richard interrogò anche la guida del signor Simpson, che si chiamava Kevin Oxford. L’investigatore chiese a Kevin se fosse una guida. Oxford disse: “Sì io sono una guida”. Watterson gli chiese anche se fosse diretto verso Mosca. Oxford ricollegò il luogo in cui era diretto con Omer Simpson e per non prendersi la responsabilità di essere un sospettato gli disse che non era diretto a Mosca e che non conosceva nessun Omer Simpson. L’investigatore intervenne dicendo: “Io non ti ho parlato di nessun Omer Simpson. Come facevi a sapere che Omer Simpson era sospettato?”.
La guida rimase in silenzio perché non sapeva cosa rispondere.
L’investigatore sospettò della guida e per non farsi scappare un possibile assassino, chiamò gli agenti per farlo momentaneamente arrestare.
Per l’investigatore Watterson non c’erano molti più dubbi, il signor Simpson era innocente.

L’investigatore Richard interrogò anche Joe Biscuit, il secondo sospettato. Partì col chiedergli dove si trovava tra le 19.00 e le 13.00. Biscuit rispose: “Sono andato nella suite di Chester per parlare di affari; io e lui eravamo colleghi di lavoro”. L’investigatore esclamò: “Su un tavolo sono state trovate tracce di sangue e facendo delle analisi abbiamo scoperto che è il suo sangue”. Il sospettato intervenne dicendo: “Non so come ci siano finite.” Ma neanche il tempo di finire la frase che Biscuit trovò delle tracce di sangue su dei suoi documenti appoggiati sul tavolo.
L’investigatore prese una fiala per metterci all’interno il sangue da far analizzare al medico legale. Watterson informò il sospettato che doveva passare la notte in caserma per aspettare l’esito della corrispondenza del sangue.
Il giorno seguente arrivò l’esito dell’esame del sangue: era corrispondente al sangue trovato sul tavolo.
Richard avvisò Biscuit dicendogli che probabilmente si era tagliato con la carta dei documenti e che quindi poteva stare tranquillo.
Il signor Watterson era sempre più confuso perché l’unico possibile assassino per adesso era Kevin Oxford, ma non era molto convinto della sua colpevolezza.

Gli rimaneva però l’ultimo sospettato. L’ultimo sospettato era Ivan Drago e Richard iniziò a chiedergli che cosa ci faceva nell’hotel. Ivan Drago rispose: “Io sono un cameriere dell’hotel, sono entrato nella camera di Chester per portagli la colazione a letto come ogni mattina”. Ivan poi aggiunse: “Io e Chester eravamo amici e ci trovavamo bene insieme. Ogni mattina gli portavo la colazione e dopo il pranzo anche il caffè, fino a che ci siamo conosciuti meglio anche fuori dall’hotel”. Watterson intervenne dicendo: “Da come parli non mi sembri molto abbattuto dalla perdita del signor Chester; di solito ad una persona, quando parla della morte di un suo amico, viene magone”. Ivan rispose: “Io non sono una persona molto emotiva e questo può confermarlo mia moglie, Vladimira Lux”. Richard gli disse: “Il tuo interrogatorio finisce qui. Andrò a chiedere spiegazioni a tua moglie”.

Per Watterson rimaneva l’interrogatorio della signora Lux.
L’investigatore iniziò l’interrogatorio esclamando: “Tuo marito ci ha detto che lui è una persona poco emotiva, è vero?” Vladimira gli rispose: “Sì è vero, ma io, conoscendolo, so che dentro di lui soffre”.
Il detective le domandò: “Tu sai per certo che tuo marito non c’entri nell’omicidio?” Vladimira con aria molto tesa e ansiosa rispose: “No certo che no! Ivan non farebbe mai una cosa del genere!”
L’investigatore Watterson avvertì la tensione della donna, ma sorvolò su questo piccolo dettaglio.
All’investigatore Richard Watterson non rimaneva che arrestare Kevin Oxford. Per essere più sicuro della sua scelta, però,  fece perquisire le case dei sospettati.

Nessuna casa conteneva alcun indizio sull’omicidio a parte quella di Ivan Drago.
Gli agenti trovarono un cassetto chiuso a chiave, però appeso al muro con un chiodo c’era un mazzo di chiavi. Provarono ad usarle tutte fino a quando trovarono quella esatta. Il detective esultò troppo presto perché il cassetto era vuoto, ma pensò: “Perché tenere chiuso un cassetto non contenente niente?”
Insieme agli agenti di polizia Richard intuì che c’era un doppio fondo; quindi cercarono di alzare il doppio fondo e facendo questo scoprirono che si celava all’interno una pistola.
All’investigatore venne il dubbio che Ivan Drago avrebbe potuto uccidere Chester con la pistola, così gli venne in mente di confrontare il numero inciso sul proiettile con quello dell’arma, erano congruenti. Richard si ricordò che il proiettile era stato sparato da una persona molto abile con le armi, per accettarsi che Ivan Drago potesse esserlo guardò la sua carta di identità e scopri che era un ex militare.
Tutto quadrava, era proprio lui il killer! Allora chiamò Ivan Drago dicendogli di andare in caserma per fare un controllo, perché ovviamente non gli potevano dire che lo dovevano arrestare, altrimenti non sarebbe mai andato. Lui rispose che non c’erano problemi e sarebbe andato.

Il giorno seguente salì in macchina e con molta tranquillità si diresse in caserma. Appena arrivò, la polizia e il detective lo stavano aspettando pronti per arrestarlo. Prima di arrestarlo, però, lo convinsero a spiegare loro come si era svolto l’omicidio e perché l’aveva compiuto.
Lui in un primo momento rifiutò di parlare ma poi capì che per avere una pena minore era meglio confessare tutto.
Ivan Drago con molta serietà cominciò a raccontare: “Era da un po’ di giorni che mia moglie messaggiava eccessivamente al telefono con una persona. Così, visto che ero incuriosito, appena lasciò il telefono sul tavolo da pranzo le spiai tutti i messaggi. Era Chester che le scriveva di venire nella sua suite. Quindi un giorno andai nella suite e li trovai insieme, così preso dalla foga gli sparai. Ripensandoci però ho esagerato”.

Gli agenti presero le manette e lo arrestarono. Successivamente liberarono Kevin Oxford che uscendo dalla cella tirò un sospiro di sollievo, perché la giustizia vince sempre!

Davide, Giacomo e Riccardo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *